Uno dei simboli della Bertram Tortona, Ariel Filloy, si è aperto a Giovanni Teppa su “Tuttosport” raccontando la propria storia dall’arrivo nel nostro Paese: “I miei fratelli più grandi sono venuti a giocare a Porto Torres in B2. Vista la crisi tutta la famiglia si è trasferita qui. Di conseguenza anche io. Normale che continuassi a giocare come facevo in Argentina. Del resto, sarebbe stato impossibile non farlo: la pallacanestro è nel nostro Dna. Da lì io e mio fratello Demian siamo andati a Rimini. Ho giocato in tanti luoghi, togliendomi parecchie soddisfazioni. Lo scudetto e la Coppa Italia con Venezia. Tutte esperienze che mi hanno dato tantissimo, come giocatore e come uomo. Quella in Nazionale è stata incredibile. Io non sono un fenomeno. Sono uno come tanti altri che ci potevano stare. La chiamata mi ha inorgoglito. E ho sempre dato il massimo. Mi vengono ancora i brividi a ripensarci”.
Poi si passa all’attualità, a Tortona e all’utilizzo che coach Ramondino fa di Filloy da sesto uomo: “Giocare partendo dal quintetto o a partita iniziata non mi è mai importato. Fondamentale è giocare al meglio, per il bene della squadra. Devi farti trovare pronto. Probabilmente con il passare degli anni ci ho fatto l'abitudine. Sono sereno, non ho l'ansia da prestazione. Tutto mi viene facile e non mollo mai. Lo avranno avuto chiaro in mente gli allenatori che ho avuto finora! Credo aiuti molto anche il fatto che io sia uno istintivo e che dò sempre il massimo. In allenamento come in partita. È il mio modo di essere”.
Infine, l’italo-argentino getta lo sguardo alla partita contro la Vanoli di questa sera, potenzialmente decisiva in ottica Final Eight: “La partita con Cremona è fondamentale. La qualificazione sarebbe un traguardo importante per il club che è giovane ma giustamente ambizioso. La Coppa Italia mi piace molto perché è competizione da dentro e fuori dove può succedere di tutto e dove l'adrenalina fa la differenza. Con Pesaro l'anno scorso siamo arrivati in finale, chi l'avrebbe mai detto?”